PIPPO SCARPINO – L’ARCHITETTO BUONO

Eh no, caro Architetto, stavolta non posso proprio dedicarti il classico e nostalgico saluto con il quale solitamente accompagno la scomparsa dei nostri cari compaesani a cui mi legano particolari rapporti di affetto e di amicizia.

Non perché non siano simili a quelli che mi hanno da sempre legato a te. Anzi.

Non posso e non voglio perché so che non ti sarebbe affatto piaciuto e non avresti certo perso occasione per esplicitarlo con la tua proverbiale franchezza, con quella tua tranquillità che ha sempre odorato di ispirante aplomb e di cristallina sapienza.

Per questo, anziché raccontare delle nostre chiacchierate, dei nostri infiniti confronti, delle sane risate, delle mangiate condite di disarmante allegria, della briscola in sei e di tanto altro ancora, oggi voglio sottoporti i contenuti di quella conversazione che avrei voluto tanto poter fare, come al solito di persona, in quella Jesulella che per te e per noi è sempre stata una sorta di secondo ufficio.

Come quell’ultima volta in cui ci siamo incontrati, ci saremmo potuti confrontare sulle sorti del mondo, sui contorni nascosti della pandemia, su una guerra rispetto alla quale avrei ancora una volta voluto ascoltare la tua versione, magari sulla nostra Savelli a cui, malgrado tutto, siamo stati sempre legati.

Sono sicuro che avremmo discusso, anche in questa occasione, con la forza di chi ha realmente qualcosa da argomentare, con la sfrontatezza di chi preserva l’incondizionato valore di saper dire anche di no, con la sagacia di chi la verità e la propria tesi la sostiene anche quando questa appare scomoda da raccontare.

Sarebbe stato, ne sono certo, un’occasione di confronto autentico, al pari dei tanti momenti di reciproco scambio avuti in tutti questi anni.

Perché per me hai da sempre rappresentato persona con la quale discutere piacevolmente, talvolta anche intensamente, in un’ottica di opportunità vera, di dibattito proficuo, di discussione appagante.

E perché, al di là di tutto, la tua matrice è pur sempre stata quella: semplice, lineare, costruttiva, anche anticonformista, tipica di chi comunque certi valori li incarna prima di enunciarli, di chi, a colpi di sacrifici, ha saputo costruirsi dal basso, di chi certi compromessi non li ha mai voluti comunque assecondare.

Saresti stato, senza dubbio, ancora una volta, testimone indelebile che certi insegnamenti vanno ben oltre le parole dette, che certe convenzioni sono nulla rispetto alla vera essenza che una persona è in grado di trasmettere con i propri comportamenti.

Nel corso di quell’incontro, che sono certo un giorno avverrà, avrò tanto altro da chiederti; sicuramente non mancheranno gli spunti di riflessione e neanche gli argomenti da trattare.

Sarai ovviamente tu a proporli e, come al solito, sarà un piacere ascoltarti con la convinzione inalterata che non “è il titolo a fare l’uomo, ma è l’uomo a fare il titolo”…