I RAMI CHE SI SPEZZANO

Completate le ultime formalità burocratiche, da circa un mese sono, a tutti gli effetti, un cittadino crotonese.

Si realizza la mia personale e per certi versi curiosa assonanza fra luogo di nascita, luogo di lavoro e per l’appunto luogo di residenza.

Certificata un’emigrazione che, seppur non geograficamente sconvolgente, era avvenuta, di fatto, già da qualche anno, questa nuova condizione genera, ovviamente, il susseguirsi di una serie di reazioni emotive che si accompagnano, in maniera più o meno forte, a ciascun accadimento di vita, anche a quello apparentemente più banale, atteso che quest’ultimo comunque non lo è.

Se la nuova veste, di cittadino residente, non muta le mie personali considerazioni su Crotone, per esprimere le quali sarebbero tuttavia necessari approfondimenti tesi a rimarcare l’abisso esistente fra potenzialità inespresse e latenti contraddizioni, questa nuova condizione completa il percorso, tutto interiore e peraltro già abbondantemente in atto, di allontanamento, fisico e non solo, da Savelli.

O meglio, dalla Savelli di oggi, contesto pur sempre affascinante per via di origini che sono e resteranno per sempre impresse a fuoco nel mio essere e nel mio vivere quotidiano, ma che mal si conciliano con un paese che, nella sua veste odierna, non è evidentemente neanche lontano parente di quello nel quale sono cresciuto.

Nostalgia e distacco, pur sempre critico ed ancora più obiettivo rispetto al passato, sono i sentimenti che esprimono al meglio il senso di quel che lascio, consapevole che il legame con le origini non si potrà giammai affievolire, anche per le ridotte distanze con Crotone che mi “impongono” di potermi godere la “mia” Savelli come e quando voglio.

La mia Savelli, appunto, quella fatta dei luoghi e degli affetti dell’infanzia, degli odori pur sempre familiari ed impagabili, delle atmosfere non comuni ad altri lidi, della convivialità pura e ristretta, delle conversazioni personalmente inestimabili, degli amici veri (pochi a dire il vero), dei rapporti simbiotici con angoli e ricorrenze.

Per il resto, lascio, come detto, un luogo che, fermi restando contenuti interiori ed intrinsechi difficilmente raccontabili, mi appartiene davvero poco.

E non perché, negli ultimi anni, lo vado assaporando sempre di meno; anche e soprattutto perché, quel luogo è profondamente cambiato, non di certo in meglio, allontanandosi definitivamente dal mio ideale modello di contesto sociale in cui potersi esprimere e, di pari passo, poter vivere.

Lungi da me fare ovviamente critiche; la mia è e vuole essere solo la mera espressione di una sensazione di carattere strettamente personale e, come tale, da considerare.

Per esprimerla in tutta la sua compiutezza ho più volte cercato gli argomenti giusti, sforzandomi di sintetizzarli quanto più possibile.

Non ci sono mai riuscito, forse anche per un inconsapevole rifiuto a volerlo realmente fare, ma anche e soprattutto perché quella sintesi era oggettivamente irrealizzabile per quanto numerose erano le prospettive da cui osservare le diverse sfaccettature da dover esplicare.

Basterebbe, tuttavia, prendere a prestito le recenti considerazioni di un cittadino savellese su di “un paese da oscar che per il modo di vivere e la mentalità emancipata ed all’avanguardia non sembrava essere neanche un paese della Calabria”, ma che ad oggi appare “svuotato di ogni forma di creatività e di autostima, un capolavoro di incompetenza e di menti geniali capaci solo di distruggere quel poco che è ancora rimasto” per rendersi conto che allontanarsi dal paese non può che essere ritenuto un passo doveroso, se non addirittura obbligato.

Con buone pace delle emozioni positive che talvolta riaffioreranno, ma che dovranno poi gioco forza soccombere dinnanzi all’impeto della realtà e della ragione.