GINO TIANO – LA SAVELLI CHE NON TI ASPETTI

Avvocato abilitato all’esercizio della professione dal 1989, già docente di Arti Grafiche e pubblicitarie e Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico di San Giovanni in Fiore, l’Istituto Statale D’Arte dello stesso centro florense ed il Liceo Artistico “L. Della Valle” di Cosenza a partire dal 1977, ma soprattutto una delle figure intellettualmente più fervide della storia recente di Savelli.

Ospite di “Savelli si Racconta” è Gino Tiano.

Nato proprio a Savelli nel 1957, Gino è figlio di Antonio Tiano e di Teresa De Nardo, proprietari del glorioso albergo ristorante, luogo simbolo del paese di un tempo, acquistato negli anni ’50 proprio dal padre che, in veste di cuoco, era stato precedentemente occupato nella gloriosa Segheria di Mezzocampo.

Origini friulane, il nonno si era trasferito a Savelli per lavorare, anch’egli, proprio a Mezzocampo come carpentiere specializzato, Gino trascorre la sua infanzia fra padelle e piatti, pasti cucinati la mattina presto ed un tipico risveglio immerso fra i sapori e gli “odori di sugo”.

Cresciuto con persone speciali che frequentavano l’albergo, Dirigenti d’Azienda, Ufficiali del Registro, disegnatori, scrittori, medici di fama e personaggi scapestrati, coltiva le sue amicizie fra le persone delle classi più popolari, quelle che lui stesso definisce come “le più intraprendenti e vivaci del paese”.

Così finisce per essere immerso nella realtà sociale della Savelli del tempo, a tal punto che in quarta elementare sceglie di frequentare “la differenziale”, una classe in quel periodo speciale e disprezzata in quanto per disadattati sociali.

Ragazzo e uomo capace di distinguersi nello studio prima e nella professione poi, Gino Tiano è anche molto altro: scrittore, artista, musicista, esponente di spicco dei movimenti giovanili della sinistra savellese e della politica nostrana, ad esempio.

Il suo dinamico protagonismo si forgia in una Savelli ancora affollata e trafficata, meta obbligata per chi volesse andare a San Giovanni in Fiore da Cariati senza la possibilità di percorrere la SS 107 realizzata solo qualche anno dopo.

L’effervescenza del paese fa rima con quella stessa spinta propulsiva che anima Gino, a partire da quella stanzetta al piano terra che da luogo di ascolto della musica preferita diviene luogo di ritrovo per amici che non avevano voglia di sentire sempre Orietta Berti e musichetta, ma di deliziarsi con le collezioni discografiche di De Gregori, Venditti, Battiato, Bertoli, Vecchioni.

E che gli vale un percorso ricco di attività polivalenti e poliedriche, di studio e lettura, per estendersi fino al calcio giocato, all’organo suonato in chiesa ed all’attività domenicale di chierichetto (“mia madre, profondamente cattolica, voleva che diventassi prete”), agli studi artistici intrapresi contro il volere del padre, all’integrazione nell’ambiente universitario che coincide con la scrittura di piccoli saggi  per gli insegnati di disegno che provenivano da Napoli o da Urbino, ricchi di stimoli e professionalità.

Ma che si estende anche a diverse esperienze, come la collaborazione per la redazione del marchio della Regione Calabria, il marchio della Sila o anche per la realizzazione di un affresco per la Chiesa Madre di San Giovanni in Fiore.

Spaziando fino agli studi della facoltà di architettura a Firenze, (“mi mancavano due esami alla laurea, ma avendo vinto il concorso nella scuola abbandonai Firenze mi iscrissi in Giurisprudenza a Salerno”) ed alla politica, in veste di componente della direzione nazionale di Lotta Continua prima e, per “tutela in un periodo di persecuzioni politiche”, con l’ingresso poi nella FGCI e nel PCI dove Gino diviene segretario per molti anni con una brevissima esperienza amministrativa.

Rappresentante, per l’appunto, del Pci e Pds locali fino al 2000, non ha mai aderito al PD per “scelta politica e scarso senso di comprensione delle ammucchiate”.

Candidato, fra le file del Pds, alle elezioni provinciali del 1999 (a lui il mio primo voto da maggiorenne), ma senza fortuna, fuori da giochi di potere non aveva una grande parentela ed era emarginato perché ritenuto di carattere stravagante.

Rappresentante dell’indimenticabile gruppo de “I Pettirossi”, un complesso musicale formato e finanziato da don Pietro Pontieri che si esibiva tutte le estati in locali del luogo e nei sobborghi in nome di “un‘occasione di socialità straordinaria, divertente e divulgativa”, a cavallo degli anni ’80, insieme ad altri amici, Gino è inoltre fra i fondatori della mitica Radio Quinta Dimensione, “esperienza solidale, creativa e divulgativa per tutto il circondario”.

In altri termini, una figura a tutto tondo, con cui si potrebbe discutere, praticamente di tutto, con il gusto di farsi attrarre da racconti comunque conditi da prospettive interessanti, molto spesso anche scomode, pur sempre intellettivamente coinvolgenti.

Con la consapevolezza che quanto traspare dai suoi racconti, in molteplici campi, rende comunque il senso di una verve che dal punto di vista sociale, intellettuale ed artistico è quanto mai degna di essere raccontata.

IL RUGGITO: partiamo subito dalla più stretta attualità. Chi è oggi Gino Tiano, Avvocato e professionista? Di cosa si occupa e cosa vuole fare da grande nel suo futuro più prossimo?

GINO: faccio l’Avvocato, giro per i Tribunali della Calabria, ma quando abiti in un piccolo Comune tutto diventa difficile. Mi dedico alla pittura. Ho approfondito gli studi su Caravaggio e mi sono dedicato, quasi per sfida, a riprodurre alcuni dei suoi quadri più importanti.  Un lavoro immenso e difficile. Faccio ricerche storiche e scrivo tantissimo.

IL RUGGITO: il foro, l’insegnamento, l’arte, la musica, la scrittura, la politica. Cosa c’è di ciascuno di questi elementi nel tuo percorso umano e professionale?

GINO: vivere in paese non ti dà le opportunità del confronto e della crescita. Devi recuperare gli stimoli dentro di te. Tutte le attività le puoi svolgere solo per passione, ma con risvolti diversi. Insegnare oltre ad imparare come cambiano i ragazzi quando crescono, ti porta ad affrontare tematiche a volte sconosciute e ad essere anche una sorta di psicologo o sociologo. Negli anni, mi sono accorto come i ragazzi non abbiamo più punti di riferimento e sei costretto a motivarli, lavoro non semplice. L’Avvocatura è in crisi, si lavora tanto, ma si guadagna poco perché i processi sono diventati molto cari. L’arte in tutte le sue profonde sfumature è quella che dà più soddisfazioni; un quadro o una scultura sono unici, non possono esservi duplicati. L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni. La politica è per gli intrallazzatori, oggi è controversa e confusa.

IL RUGGITO: nel tuo quotidiano viaggio in territorio nostrano avrai sicuramente modo di imbatterti in valutazioni fra loro contrastanti. Quali quelle più rilevanti da raccontare?

GINO: non esiste più la socialità; l’egoismo e l’arroganza sono dirompenti senza alcuna utilità. Una volta ti confrontavi con la saggezza degli anziani, oggi l’anziano sono io, ma non c’è rispetto.

IL RUGGITO: facciamo invece un passo indietro. Nel tuo libro, Un Maledetto Imbroglio, racconti i tratti di una Savelli di un periodo comunque irripetibile. Cosa c’è di quella Savelli in quella di oggi?

GINO: Savelli è diventato un pessimo condominio. Poca gente, senza speranza e prospettive, senza centri culturali o associazioni. Mancano eventi e manifestazioni. Una volta non era così.  Savelli era ricco di virtuosismi, frequentata da personaggi di rilievo. Gerhard Rohlfs (Berlino 1892 – Tubinga 1986) fu un filologo, linguista e glottologo tedesco che passava mesi a Savelli per studiare i costumi e il dialetto. Emilio Notte, pittore futurista aveva la villa al Villaggio Pino Gande e lì dipingeva. Il Dott. Aurelio Rizzuti, ginecologo di fama, critico d’arte, che era stato medico personale di Erwin Eugen Rommel nella seconda guerra mondiale, frequentava Savelli ed il suo Villaggio. Così come Benito Adamo, pittore di fama e molti altri che formavano circoli di cultura. Si svolgevano, fra l’altro, il premio nazionale di pittura che ospitava grandi artisti e critici di tutta Italia, premi di letteratura e musica. Un mondo variegato e vivace che evidentemente oggi non esiste più.  Non sono scrittore, diletto l’immaginazione. Ho scritto tanto e pubblicato poco. Attualmente, effettuo ricerche su personaggi importanti di Savelli, ma sconosciuti o dimenticati, perché diversi. Abbiamo avuto anarchici famosi, patrioti e combattenti per la libertà, ma nessuno ne ha mai parlato. Nella Storia di Savelli di Pericle Maone mancano molti passaggi perché è un libro di archivio e aforismi.  Un plauso a Piero Pontieri che sta portando avanti un blog molto interessante.

IL RUGGITO: fare politica, specie in contesti territoriali quali i nostri, non è per nulla facile. Quale è il patrimonio che ti porti dietro dalla tua esperienza in questo campo?

GINO: negli anni settanta e nei primi anni ottanta la politica era un fattore di crescita personale e sociale perché legata ad ideali. La “Sezione” era un luogo di ritrovo e di litigi, ma imparavi a parlare in pubblico, a conoscere la gente e le esigenze di tutti, a volte sentendoti inerme.  Ti aiutava a crescere ed a diventare sensibile ad ogni cambiamento. Ma era rischiosa se fatta sul serio. Mi ricordo di aver fatto una grande battaglia per la mancanza dell’acqua. Abbiamo un sistema di distribuzione dell’acqua che è uno dei più grandi del Meridione, ma non solo non abbiamo alcun ricavo economico, per quanto d’estate, la carenza di acqua era un dramma per i cittadini. Con un gruppo di amici, denunciammo il problema in un articolo su Lotta Continua che venne pubblicato sulla prima pagina. Ma mi beccai due denunce dall’ex sindaco Spina che accusavo per aver “regalato” l’acqua di Savelli senza averne alcuna utilità. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere personale e di clientele. Il prezzo pagato dalla brava gente che non si interessa di politica è di essere governata da persone peggiori di loro.

IL RUGGITO: so che vivi intensamente il paese compatibilmente con i tuoi impegni lavorativi e personali. Come lo trovi con il passare del tempo?

GINO: come dicevo, in una discesa molto desolante. Svuotato di affetti e di partecipazione sociale. I pochi rimasti curano i propri orticelli con disinteresse e arroganza. Se non si creano punti di confronto e nuove opportunità di inserimento sociale sarà sempre peggio.

IL RUGGITO: quali sono invece le differenze fra la tua Savelli, quella in cui sei cresciuto da piccolo ed adolescente e quella che ti ritrovi a vivere adesso?

GINO: un sistema di vita profondamente diverso. Savelli oggi ricalca questa società che idolatra la mera sopravvivenza, una tappa intellettuale quanto mai insolita da voler perseguire e si nasconde dietro immagini sbiadite che rendono labili i confini tra realtà e finzione, in cui l’identità personale si può scegliere allo stesso modo in cui si ordina un paio di scarpe da un catalogo e nella quale vengono esaltati i poteri globali. Sembrano poco a poco perdere d’importanza l’individualità e le proprie radici, la storia personale, i profondi legami familiari e affettivi, il senso di appartenenza a un luogo, la libertà di avere un’opinione priva di forti condizionamenti esterni, la capacità di ragionare per mezzo del pensiero critico e l’uso del metodo dialettico per confutare e mettere in dubbio teorie proposte quali verità indiscusse.

 IL RUGGITO: quali, secondo te, i punti di debolezza ed i limiti del contesto paesano odierno?

GINO: frammentazione sociale, solitudine accentuata, indifferenza. Va sempre più di moda il voler ostentare il benessere anche se fondamentalmente benessere non è, quindi il voler apparire, copiare e venerare personaggi che hanno influito sulla personalità delle persone medio-adulte. Il voler emulare a tutti i costi il benessere che manifestano questi personaggi tende a distruggere le proprie personalità per crearne altre virtuali e fantastiche. Come spieghi ad una persona che ha vissuto la propria adolescenza un po’ di tempo fa’ che adesso in un bar è raro che si chiacchieri in comitiva, ma che si chatta su WhatsApp stando con la faccia incollata al display? Come spieghi ad una nonna che il proprio nipote la domenica a tavola con i propri genitori è rapito dalle foto del sabato sera che inondano come uno tsunami tutti i social del mondo e dimentica anche di dire “Buona Domenica”? E non si accetta nessun diritto di critica, rischi di essere malmenato e isolato.

IL RUGGITO: ritieni ci possano essere le possibilità per invertire realmente la rotta? E se sì, quali le leve da innestare, a tuo avviso, ed in quali ambiti di azione?

GINO: un luogo cresce quando ha risorse proprie o indotte. Non è possibile propendere con interventi straordinari perché provengono da chi vuole che le cose rimangano immutabili. Ogni forma di sviluppo deve essere una concezione concreta di fatti. Se si pensa che si può vivere a Savelli 15 giorni d’estate e rimanere estranei per il resto dell’anno non vi sono vie d’uscita. Occorre incentivare le attività boschive e la lavorazione del legname, produrre e lavorare mele come in Trentino, incentivare l’occupazione delle case abbandonate ed offrirle a prezzi vantaggiosi. Bisogna poi pensare a rinegoziare la distribuzione dell’acqua a tutta la Provincia per avere più introiti, favorire l’allevamento di bestiame e la lavorazione della carne, sostenere la lavorazione di piante officinali e della ginestra.  Creare una fondazione diretta a raccogliere le idee, i progetti e le opere di tati personaggi storici e contemporanei che vivono fuori, con convegni e centri studi.  Ma potrebbero esservene molte altre, o mi sto sbagliando. Posso fare un semplice esempio: alcuni mesi addietro è venuto Savelli, Alberto Polillo, figlio di Arrigo Polillo, scrittore ed esperto di musica Jazz. Alberto è uno dei più grandi fotografi del mondo. Cercava la tomba del nonno, non lo conosceva nessuno. Dopo aver girato il paese, abbiamo pranzato insieme ed ha avuto modo di dirmi: “non è più il paese che raccontò mio padre: senza botteghe, senza storia degli uomini, senza speranza. Si può fare molto perché non c’è più nulla da distruggere”.

IL RUGGITO: ultima domanda, ostica per quanto imprevedibile: come ti immagini Savelli fra venti anni?

GINO: dopo aver detto molto. risponderò con una semplice frase di Michelangelo Buonarroti: “Il più grande pericolo per molti di noi non sta nel fatto che i nostri obiettivi siano troppo elevati e quindi non riusciamo a raggiungerli, ma nel fatto che siano troppo bassi e che li si raggiunga.