SAVELLI, SI VA AL VOTO

Ultime ore di schermaglie prima del passaggio al voto per gli elettori savellesi che saranno chiamati alle urne nelle giornate di domenica e lunedì.

In tempi non sospetti, ho voluto preventivamente chiarire che, anche se destinatario di lusinghiere richieste ai fini della previsione di un impegno in prima persona, ho preferito, per una serie di ragioni oggettivamente insormontabili, non prendere direttamente parte a questa disputa elettorale.

Tuttavia, come ogni savellese, residente e non, ho potuto assistere, grazie ai social, al dibattito emerso con la curiosità tipica di chi, seppur spettatore, è tenuto, sentimentalmente e moralmente, a seguire le sorti del proprio paese di origine.

A poche ore dal voto, non intendo esprimere giudizi, perché non spetta a me farlo, perché ritengo siano altre le sedi opportune nelle quali eventualmente discuterne, perché comunque, allo stato, ogni considerazione in merito potrebbe apparire superflua e persino tendenziosa.

Con i miei compaesani, quelli che si ritroveranno a scegliere l’amministrazione che li guiderà per il prossimo quinquennio, ma anche e soprattutto, quelli che animano, non sempre costruttivamente, in questi minuti, le discussioni virtuali in rete, sento però il dovere di condividere alcune riflessioni.

La prima riguarda essenzialmente un ulteriore appello ad un generale abbassamento dei toni.

La campagna elettorale che volge al termine è stata ricca di tensioni, forse perché il risultato sarà determinato nel solco di un generale equilibrio, forse perché le sempre più ridotte dimensioni demografiche finiscono per intrecciare e complicare, ancor di più del passato recente, rapporti di parentela ed amicizia, forse per via di un’esposizione mediatica negativamente influenzata da internet e dal suo utilizzo distorto.

Ma di fatto, proprio lungo il terrificante “filo” di una rete in cui tutto diviene così facile da dire per quanto ostico da interpretare nella dovuta maniera, i toni non sono stati sempre consoni ed in linea con i contorni di una sana competizione elettorale.

Per questo motivo, l’auspicio è che le ore dell’immediata vigilia prima del voto siano caratterizzate da confronto dialettico, serrato, ma comunque rispettoso delle idee di tutti.

E soprattutto, che ogni discussione avvenga nel pieno rispetto reciproco, spinti dalla consapevolezza che qualsiasi possano essere le diversità di vedute in questa fase, bisognerà poi, poco dopo, recuperare il senso di comunità.

L’altra considerazione riguarda proprio il post voto.

Al di là del responso delle urne, la fase successiva non può tradursi in un paese eccessivamente frammentato ed ulteriormente diviso.

Si tratterebbe dell’ennesimo, imperdonabile errore, stavolta, più grave che in passato, in quanto poche e residue restano le possibilità di recupero in termini di coesione ed apporto propositivo da parte di tutti, vincitori e vinti.

Al nuovo Consiglio determinatosi dall’esito della tornata elettorale imminente spetterà pertanto il difficile compito di affrontare sfide proibitive, nel tentativo, estremo e quasi disperato, di preservare un paese spopolato da decenni di emigrazione.

Per questo, ci sarà bisogno di un fronte comune che spinga verso una direzione univoca, al di là delle posizioni ricoperte, con contenuti ispirati dal tentativo di costruire un qualcosa, pur sapendo che l’obiettivo da raggiungere va oltre i limiti del fisiologico e che bisognerà profondere impegno, da più parti, per evitare di non doversi poi voltare indietro a rimpiangere di non averci almeno provato.

In tale ottica, le elezioni, passaggio obbligato solo dal punto di vista democratico, altro non sono se non l’approdo, intermedio, di una strada stretta e tortuosa, per percorrere al meglio la quale sarà necessario il contributo di ciascuno, senza di distinzione di sorta.

Per il bene complessivo, in primis di quel paese al quale tutti noi, almeno a parole, diciamo di voler estremamente bene.