CRONACA, IN PILLOLE, DI UN VOTO STORICO

Il voto del 25 settembre scorso passerà agli annali come quello che consegna presumibilmente all’Italia il primo Premier al femminile della propria storia repubblicana.

La disamina post voto si porta dietro, a mio avviso, una serie di considerazioni che possono essere brevemente riassunte in alcuni punti, essenziali, per quanto talvolta parecchio curiosi da approfondire.

La vittoria del centrodestra e di Fratelli d’Italia in particolare, sulla scorta di un voto democratico schiacciante non lascia spazio a strumentalizzazioni, anche per chi di destra non lo è, né mai lo sarà.

L’augurio è che il nuovo Governo possa essere all’altezza di un autunno che si preannuncia quanto mai caldo.

Difficile, se non impossibile, prodursi, per il resto, in una reale, concreta e diffusa analisi politica.

Sotto questo aspetto, l’attuale contesto nazionale vive di condizioni, contingenti e temporanee, troppo spesso legate a variabili che odorano esclusivamente di mediatico, scarne di contenuti e che durano giusto lo spazio di un baleno.

Quasi proibitivo quindi potersi orientare secondo logiche comprensibili lungo il corso di dinamiche graduali e pertanto razionalmente spiegabili.

Accade così che una fluttuazione di consenso che segue ondate virtuali più che reali innalzi personaggi politici quali Renzi e Salvini, portandoli al 40% o giù di lì, salvo poi scaricarli, in un attimo, altrettanto velocemente ed inesorabilmente.

Così come accade che, repentinamente, un movimento nato dal nulla divenga forza di Governo, salvo poi essere relegato, dopo pochissimi anni, al ruolo di comprimario se non fosse stato per un proprio leader che brilla di luce esclusivamente propria (ma Conte merita un paragrafo a parte).

Anche in questo caso, in tutta franchezza, l’auspicio è che lo stesso vortice che in maniera fulminea conduce “dalle stelle alle stalle” possa non riguardare la Giorgia nazionale.

Al di là di preferenze del tutto soggettive, infatti, un Governo propositivo, con una guida forte ed autorevole, non può che essere un bene per un Paese quale il nostro altrimenti destinato a vivere momenti di difficoltà non molto a lungo sopportabili.

Se si volesse analizzare poi il peso relativo dei risultati maturati, proprio Conte è il leader che in rapporto ai numeri ottenuti sarebbe da ritenersi come colui che ha stravinto in autorevolezza queste elezioni, tanto più se confrontato con la forza dei propri sostenitori.

Senza l’ex premier, infatti, i Cinquestelle sarebbero sicuramente scesi al di sotto della soglia delle due cifre in termini percentuali; con Conte, invece, al Movimento resta invece l’onore delle armi nel nome di una rimonta che un paio di settimane fa soltanto sembrava pura illusione.

A proposito di debacle elettorale, sconfitta fa ancora una volta rima con PD.

In un’epoca in cui il consenso elettorale si basa su una dimensione essenzialmente social, il Partito Democratico sui social non ha una alcuna estensione spendibile.

Il tutto diventa drammaticamente grottesco se si considera che il Pd assente lo è anche sui territori, nelle sezioni oramai chiuse, fuori dalle piazze che restano inesorabilmente vuote. Per ripartire, la ricetta è presto detta: azzerare l’attuale classe dirigente, scarsa e non più sopportabile ed esportare in chiave nazionale un modello di partito quanto più possibile vicino al vincente esempio emiliano-romagnolo.

Una battuta, un’altra ancora, la merita Matteo Salvini che dice di aver vinto pur essendo uno dei più grandi sconfitti di questa competizione elettorale. Sarà capace di ritagliarsi un posto al sole nel prossimo Governo in uno dei momenti con meno appeal della sua personale esperienza politica?

A proposito di Lega, la vera mazzata le arriva proprio da nord.

Perlomeno curioso, anche in questo caso, è che il Partito del Nord diventi insospettabilmente proprio Fratelli d’Italia. Riusciranno a convivere le spinte autonomistiche del settentrione con gli aneliti di identità e patria della destra uscita vincitrice dalle elezioni che così tanto consenso ha saputo conquistarsi da quelle parti?

E come si coniugherà, di qui a stretto giro, la sola apparente contraddizione per cui proprio il partito che stravince per essersi strenuamente opposto all’agenda Draghi ora potrebbe essere quasi costretto a riprendere in mano proprio quell’agenda per ispirarsi e farsi orientare nei primi passi del nuovo Governo?

Tutte domande a cui l’avvenire più prossimo saprà fornire certamente risposte.

La risposta, vincente, per il momento ha il nome ed il volto di Giorgia Meloni, Premier a capo di un Governo che dovrà necessariamente connotarsi di stabilità e capacità di costruire.

Il futuro lascia aperte incognite in larga parte connesse a variabili che vanno al di là dei confini nazionali.

Un Governo rinnovato e deciso non potrà tuttavia che essere un bene per un Paese che sappia affrontare le sfide che lo attendono anche di qui a brevissimo termine.

Legittimata una leadership, ora resta da ridare credibilità ad un’intera Nazione.

In bocca al lupo Italia…