EL DIEZ

Un arresto cardiorespiratorio mentre si trovava nella sua casa di Tigre, periferia di Buenos Aires, dove stava trascorrendo la convalescenza successiva all’intervento al cervello del 3 novembre scorso, si è portato via il più grande calciatore di tutti i tempi: Diego Armando Maradona.

In questo nefasto anno 2020, il gioco più popolare e conosciuto al mondo perde il suo interprete più talentuoso ed emblematico, icona autentica di un’epopea calcistica eterna, tramandatasi di generazione in generazione.

Ci lascia un uomo ed un (ex) calciatore le cui gesta riecheggeranno per sempre, il protagonista indiscusso di una favola sportiva dai contorni irripetibili ed inenarrabili.

Un simbolo che, partendo dai campi polverosi della capitale argentina, ha saputo far parlare di sé dentro il campo, volendo poi dimostrare di sé anche fuori dal rettangolo di gioco.

Ci lascia El Diez, il Pibe de Oro, la Mano de Dios, un fuoriclasse dal talento ineguagliabile, dalla classe cristallina, dalla tecnica immensa, dalla personalità disarmante, colui che con un pallone al piede tutto ha potuto perché tutto poteva.

Maradona è stato unico, è stato il football nella sua essenza più pura e latina, ma anche molto altro e molto ancora di più.

É stato tutto…tutto…tutto…

Diego era il fuoriclasse che prendeva una squadra normale come il Napoli e ci vinceva lo scudetto, il condottiero che si metteva alla guida di una nazionale poco più che mediocre come quella argentina e la portava sul tetto del mondo.

Al suo fianco anche un giocatore di bassa caratura si trasformava in campione, al suo cospetto anche il campione più vero non poteva che ritenersi inferiore.

Diego non era una giocata, ma era il gioco, non era un colpo ma era il maestro, non era un calciatore ma era il calcio, non era il più forte ma l’irraggiungibile.

Si dovesse e si potesse raccontare Maradona, non si saprebbe da dove iniziare.

Non servirebbero, almeno non più di tanto, le parole, ma occorrerebbe bensì chiudere gli occhi ed abbandonarsi a rivedere e ripercorrere idealmente le sue giocate palla al piede.

I goal al mondiale dopo essersi bevuto per intero la squadra avversaria, il goal di mano, le prodezze da centrocampo, le punizioni all’incrocio, i pallonetti, i dribbling, gli assist, quel sinistro con il quale “dare del tu” al pallone come mai nessuno prima e dopo.

Tutto quanto non riuscirebbe però comunque a raccontare di tutto quello che Maradona ha rappresentato e rappresentava, per Napoli, per l’Argentina, per tutti gli appassionati di calcio, per chi ha avuto la fortuna di ammirare il suo estro, per chi si dovrà accontentare di sentirselo raccontare come leggenda.

Eh sì, perché Maradona tale era, in allenamento come nella partita più insignificante, nella sfida più decisiva come in quella capace di segnare un epoca.

Tale resterà, perché, in fondo, per dire di Maradona non serve altro che pronunciare il suo nome.

Anche in questo giorno triste in cui viene a mancare, Maradona resta infatti Maradona.

El Diez, il più grande di tutti, una leggenda per sempre…