CHARLIE, ANCORA TU?

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Ritorna a far parlare di sè Charlie Hebdo, il periodico satirico francese salito alla ribalta delle cronache mondiali in seguito all’attentato terroristico dello scorso 7 gennaio 2015 in cui fu presa d’assalto la redazione e si contarono ben 12 vittime.

A far scalpore stavolta, le vignette “ispirate” al terremoto italiano, definito un “seisme a l’Italienne”, con il sangue delle vittime paragonato ad un sugo al pomodoro e ad una penna gratinata ed i cumuli di macerie e di persone ad un piatto di lasagne (bah).

Iniziamo dal dire che anche in questa occasione, Charlie Hebdo ha fatto Charlie Hebdo, nel senso che le sue prime pagine hanno rispecchiato la risaputa linea editoriale del giornale: una satira tagliente, priva di sentimento, cruda e talvolta becera.

La vignetta, o meglio le vignette (la seconda a commento delle scuse formalmente richieste alla Francia dal nostro paese) hanno inoltre raggiunto un secondo obiettivo: creare “audience” intorno alla rivista che ha bisogno evidentemente delle maniere forti per mettersi in mostra.

La reazione degli italiani è naturalmente comprensibile e condivisibile; le vignette (specie la prima) sono disgustose e vanno condannate, se non altro per rendere onore alle vittime, inconsapevoli, di una tragedia che affonda le sue radici nella forza della natura.

Né a mitigare l’effetto, riprovevole, di quei disegni può servire la paventata volontà di denunciare gli scandali del Belpaese per poter rendere giustizia satiricamente alle case che crollano ed alle vite, incolpevoli, che si arrestano. Almeno questa volta, la visione di “spaghetti e mafia”, comune agli stranieri ed in particolare ai nostri vicini transalpini, non ci azzeccava granché.

Ne viene di conseguenza, che la rivista a cui tutti avevano riservato il proprio pensiero di solidarietà, al grido di “je suis Charlie”, all’indomani dell’attentato di cui era stato bersaglio, oggi diventa bersaglio, perfino facile, di un’Italia ancora visibilmente scossa dai postumi di una delle più drammatiche tragedie (quasi 300 vittime) della sua storia recente.

Detto ciò, per chiudere il cerchio delle reazioni che hanno sullo sfondo i vignettisti di Charlie Hebdo necessitano di talune precisazioni.

Come già detto, anche in questa occasione, Charlie Hebdo è semplicemente stata Charlie Hebdo. La sua “satira” colpisce l’Italia, allo stesso modo con cui colpiva in passato Maometto ed i fedeli islamici o con cui ironizzava sui morti di Nizza. Motivo per cui se non la si condivide oggi (giustamente aggiungo), si doveva essere perlomeno dubbiosi allorché gli stessi vignettisti deridevano l’altrui religione.

O si era Charlie ieri e lo si resta oggi che le morti prese di mira sono a noi vicine, oppure si doveva essere più critici ieri per essere giustamente indignati oggi.

Per quanto mi riguarda, nelle ore successive all’attentato alla redazione parigina del gennaio 2015, ho espresso solidarietà a quelle persone morte nell’esercizio, libero, del proprio mestiere.

Senza farmi assalire dall’emotività mediatica dei momenti successivi, io sono stato Charlie, Lassana, sono stato i morti del supermercato, sono stato ogni vittima, cristiana o musulmana, di quell’attentato, come degli altri.

Ciò nel rispetto di una convinzione che ritengo essenziale quando si analizzano certi fatti di cronaca: rispetto e cordoglio per i morti di ogni colore e genere.

Scavando in profondità, però, mi sono trovato particolarmente in linea con le parole del Santo Pontefice: “se tiri uno schiaffo a mia madre, io reagisco” (forse non testuali, ma il senso era questo).
Naturalmente, non giustificavo e non giustifico alcun atto di terrore seppur innescato da una spiegabile reazione.

Allo stesso modo, però, non comprendevo il motivo di ironizzare su Maometto e sull’Islam, né tanto meno la necessità di farlo in un momento di tensione come quello attuale.

Oggi, parimenti, credo ci si debba sdegnare di fronte alle vignette francesi che ironizzano sul sisma che ha colpito la penisola italiana.

Il disappunto è dovuto al rispetto per le vittime, per i loro familiari, per una nazione intera che oggi più che mai non può essere oggetto di alcun luogo comune.
Più in generale, la condanna riguarda un modo di fare satira che credo vada ogni oltre limite, oggi che tratta del terremoto italiano, come in passato quando trattava dei morti di Nizza o della ridicola contrapposizione con i seguaci dell’Islam.

Se quindi ieri non si doveva essere solo Charlie, oggi si deve essere contro Charlie, nella speranza che Charlie cambi.

Ci sarà da mettere in conto un calo della popolarità e magari delle vendite.

Di contro, ci sarebbe però modo di leggere di un’altra satira: più rispettosa, più sentimentale, meno fredda e che non travalichi mai i confini della dignità umana.

Per non dover dire, anche la prossima volta, “ancora tu Charlie”?