ROMA CITTA’ APERTA

campidoglio

Sembra già essere in crisi il matrimonio tra Virginia Raggi, Sindaco di Roma, ed una Capitale ritornata al centro del dibattito nazionale a pochi mesi (considerando la pausa estiva si potrebbe parlare addirittura di giorni) dalla trionfale ascesa al Campidoglio del Movimento Cinquestelle.

Se entrare nel merito delle vicende che hanno riguardato i primi passi di amministrazione pentastellata risulta pressoché impossibile (Roma è contesto dai risvolti imponderabili ed indefiniti), gli sviluppi, susseguitisi in maniera piuttosto repentina nelle ultime ore, impongono delle considerazioni oggettive.

La prima, sostanziale e preminente, è che era lecito attendersi altro da questi primi mesi di nuovo corso.

Ci si aspettava totale rinnovamento negli uomini e nelle scelte, mentre si è assistito, almeno per il momento, a scelte tentennanti, talvolta discutibili, rispetto alle quali le strategie di cordata o, nella migliore delle ipotesi, un insospettabile dilettantismo hanno preso il sopravvento sulla forza propulsiva ed innovatrice del Movimento.

Ci si attendeva decisione nell’affrontare, o tentare di farlo inizialmente, i tanti problemi che attanagliano la città capitolina ed invece si assiste ad una affannosa composizione di Giunte e ad un succedersi di nomine che impediscono uno sprint amministrativo deciso ed efficace.

Altra considerazione non può che riguardare, poi, la causa scatenante di questo periodo di incertezza iniziale: la guerra interna al Movimento che sta paralizzando la vita amministrativa del Comune, delle partecipate capitoline e di tutto il corollario di un Ente che impone, al contrario, assoluta compattezza per affrontare, di petto, la marea di questioni che lo interessano.

È proprio questa lotta intestina che lascia perplessi in ottica futura: fazioni e diatribe interne d’altronde sono roba assai poco piacevole, comune a ben altri schieramenti. Si sperava non diventasse caratteristica dei Cinquestelle, ma a Roma lo è diventata troppo in fretta o almeno questa è l’impressione da osservatori esterni.

Senza addentrarsi inoltre nelle scelte e nelle vicende giudiziarie che hanno riguardato gli organi di staff ed alcuni componenti dell’organo esecutivo, a non convincere è anche la strategia mediatica utilizzata dai vertici del Movimento in questa delicata fase.

D’accordo che l’attenzione a Roma è più pressante che a Milano (contesto da prendere a riferimento perché vicende talvolta simili non vengono altrettanto enfatizzate), d’accordo che i media non aspettano altro che passi falsi, o presunti tali, per sbattere i Cinquestelle in prima pagina, ma anche in questo caso i metodi con i quali vengono commentati alcuni risvolti sanno di “vecchia politica”.

Etichettare una “riunione fiume” del Direttorio e dei vertici come la classica riunione di lavoro per celare il fatto si trattasse di una riunione accesa e volta a definire la situazione, è commento che si può attendere da un componente renziano della segreteria Pd, non da un Dirigente, o meglio un attivista di primo piano, di M5S.

Né regge, in tal senso, la spiegazione che uno degli uomini di spicco di M5S, Luigi Di Maio, pare abbia addotto in risposta ad una domanda sulla presunta mail con la quale la Raggi lo informava di alcuni sviluppi sulla vicenda Muraro.

Alcune giustificazioni sanno di “mi sono ritrovato l’appartamento a mia insaputa” e non di quel nuovo linguaggio di cui i pentastellati devono essere portavoce anche in chiave amministrativa.

Non il miglior viatico, in ogni caso, per il leader più in auge di un Movimento che deve continuare a fare della trasparenza il suo cavallo di battaglia.

La cosa più desolante è che mentre il turbinio mediatico di Roma estende i suoi effetti su tutta la politica italiana, le emergenze restano sconsolatamente sullo sfondo, immerse dentro la quotidianità di una città ancora piegata su sé stessa che non ha cambiato marcia.

Per questa ragione e non solo per questa ragione, è necessario pertanto un cambio di passo dell’amministrazione Raggi, senza il quale la sorte della “Sindaca” sarà tristemente simile a quella del “Marziano” che l’ha preceduta.

A proposito di Marino, spero che i Cinquestelle non rimpiangano il fatto di non aver “fiancheggiato” l’opera di un Sindaco che, in virtù del risanamento messo in atto, è stato destituito dal “fuoco amico”.

Né che rimpiangano il fatto di aver vinto, anzi stravinto, le ultime elezioni amministrative romane.

Un’amministrazione capitolina in salute apporterebbe infatti benefici diffusi: a Roma in primis, ma anche ad un Paese che gioverebbe della dinamicità di una forza politica nuova nel modo di amministrare oltre che di opporsi alle storture di quella politica, non tutta per fortuna, che in questi decenni non ha fornito gran prova di sé.

Far bene a Roma significherebbe inoltre non vanificare il lavoro svolto da migliaia di attivisti di tutta Italia, ed avere le carte in regole per candidare il Movimento alla guida della nazione dopo aver brillantemente superato un probante banco di prova.

L’alternativa, invece, è il perdurare dello strapotere renziano con tutte le conseguenze del caso ed un contestuale “commissariamento” di Roma, città da decretare formalmente ingovernabile qualora il progetto Cinquestelle dovesse fallire.

Per quanto mi riguarda, si tratterebbe della conferma sulla personale idea della situazione politica attuale: più volte detto di un Pd che non convince e che non si può in alcun modo sostenere, avere la conferma di un M5S non del tutto attraente, equivarrebbe al doversi recare al mare in concomitanza della prossima tornata elettorale. Speriamo almeno ci sia il sole.