UNA RIVOLUZIONE ITALIANA

UNA RIVOLUZIONE ITALIANA

Mafia capitale

L’ennesimo “sistema” prospettato dall’inchiesta “Mafia Capitale” rende attuale, anche se non emergenziale per quanto merita, il dibattito sulla corruzione ed il malaffare nel Belpaese.

Senza voler badare ai fatti specifici (basta leggere le cronache per farsi un’idea) ed in attesa che le indagini compiano il corso dovuto, racchiudere quanto accaduto nei confini della Capitale, al grido di “Roma ladrona”, è tuttavia errore grossolano.

La storia del nostro Paese ci insegna infatti che corruzione, malaffare, mafia (tutte facce della stessa medaglia)  sono da ritenersi tratti distintivi del vivere italico.

Peraltro, così come la ‘ndrangheta non è fenomeno solo calabrese o meridionale, anche la commistione politico-corruttiva va al di là di ogni tentativo di delimitazione geografica.

Cosicché, se oggi si chiama Roma, ieri era Milano e Tangentopoli, o ancora l’Aquila e la ricostruzione post terremoto, e domani chissà cosa altro sarà ancora.

Come da decenni sostiene Saviano (un paese che fa vivere lontano la sua espressione intellettuale più fervida non può che essere malato), è giunta forse l’ora di porre talune questioni al centro dei comportamenti di ciascuno, oltre che di ogni agenda programmatica.

Chiamata ad agire è anzitutto la politica, quella buona (che ancora esiste), che deve comprendere quanto questa piaga “costi” in termini economici e sociali.

Numeri da capogiro, spesso sommersi (a farli si rischia perciò di essere imprecisi), che valgono molto più di decine di “leggi di stabilità”, che tolgono credibilità al paese Italia (all’estero italiano fa rima in automatico con mafioso) e che rappresentano il primo tema da trattare in ottica di una futura ed auspicabile ripresa economica.

Per sconfiggere il “malcostume” (eufemismo), è necessario pertanto avviare una svolta radicale,  pacifica ed esclusivamente culturale.

Accanto alla politica chiamata a fare il “suo”, speriamo che quanto detto dal premier sia legge e non solo annuncio e che i pentastellati siano parte attivi del processo legislativo in tale ambito (dubito che altri partiti vogliano percorrere tale strada), vi è la necessità che, a prendervi parte, sia ogni cittadino italiano onesto (ve ne sono per fortuna ancora tanti).

Il cambio di prospettiva è frutto, anzitutto, di comportamenti soggettivi improntati al rispetto delle regole, in ogni campo e settore.

E’ il tempo che ciascuno inizi, riprenda e/o continui a fare il proprio dovere: da cittadino (pagando le tasse), da lavoratore (essendo trasparente ed eticamente irreprensibile), da “padre di famiglia” (insegnando ai propri figli l’impagabile valore dell’onestà).

Aggiungendo il prezioso ruolo di altre istituzioni educative, scuola in primis, bisogna rendersi conto che questa inversione di marcia è oramai necessaria ed improrogabile.

Credere che il “fondo” sia stato toccato e che il tempo risolleverà da sé le cose significherebbe ricadere nello stesso errore del post-tangentopoli, quando la nascita della seconda repubblica, rivelatasi peggio della prima, aveva illuso sul fatto che il problema fosse risolto.

Così come parziale, quanto il mettere la polvere sotto il tappeto, sarebbe l’approccio di voler rimandare, nello spazio e nel tempo, la sostanziale disciplina della lotta a queste distorsioni, credendo che riguardino sempre altri o che avvengano sempre in posti diversi dai nostri.

Partire dalla consapevolezza che le abitudini, quelle cattive, vadano allontanate dal proprio ambito è requisito essenziale per essere parte del cambiamento.

Per diventare protagonisti, tutti insieme, della prima e fondamentale “rivoluzione italiana”.