E VISSERO TUTTI FELICI E (S)CONTENTI

Foto Quirinale

L’elezione del Presidente della Repubblica è l’ennesimo “evento show” di una politica italiana sempre più interessata all’audience che ai contenuti, alla forma che alla sostanza.

Fatto salvo che non è in discussione la figura di Mattarella che, pur conoscendo poco, a primo impatto, considero apprezzabile, sono le reazioni a preoccuparmi: gineprai di “contorsionismi politichesi”, ben poco fondati e fin troppo contingenti e mutevoli.

Il panorama dei commenti all’avvenuta elezione del Capo dello Stato non può che partire dal Partito Democratico, forza politica numericamente più rappresentativa, in Parlamento e nel Paese, per quanto anche più contraddittoria al suo interno.

L’analisi degli “addetti ai lavori” parla di “unità ritrovata fra i “democrat” e, mentre per alcuni, l’elezione del neo Presidente è l’ennesima strategia vincente di Renzi, per altri è la minoranza Pd, Bersani in primis, ad uscirne nuovamente rinforzata e solida.

La verità è più scontata di ogni analisi: Renzi ha assecondato la volontà della minoranza interna semplicemente perché, senza il suo appoggio, i numeri parlamentari per l’elezione del nuovo inquilino del Colle non ci sarebbero mai stati.

Il parlamento, infatti, è quello del post elezioni 2013 e, fermo restando i democratici poi folgorati lungo la strada del “renzismo”, molti deputati e senatori appartengono a correnti interne che mal digeriscono, ancora oggi, la repentina ascesa del leader.

Di convenienza numerica e non di altro si è quindi trattato, anche questa volta, nel ben cesellato disegno del segretario-premier; nessun dialogo riaperto con bersaniani e civatiani, come, del resto, nessun dialogo chiuso con le larghe intese di governo o con il patto del Nazareno.

Dall’altra parte, infatti, mentre Ncd, o Area Popolare che dir si voglia, continua nella sua genetica politica dei “due forni” (al Governo con il Pd da una parte e dialogo con Forza Italia dall’altra), proprio Forza Italia, che oggi sembra corrucciata, già domani magari lo sarà un po’ meno.

O forse vogliamo credere alla leggenda, poco verosimile, che il “patto” non considerasse anche la probabile candidatura di un Presidente come Mattarella, soluzione di mezzo e  preferibile rispetto ad un Prodi, per esempio?

La realtà è che nei giorni avvenire, fra una “delega fiscale” e l’altra, gli azzurri riprenderanno, come di incanto, un ruolo attivo nel cammino delle “riforme”.

Pronto a ricredermi se ciò non avverrà, intanto assisto, da spettatore, all’incedere di una realtà confusa e felice (e pazienza lo sia solo per pochi privilegiati).

Un contesto nel quale diviene sempre più agli antipodi il ruolo dei Cinquestelle e della Lega, con il Movimento che sembra aver perso la sua forza propulsiva e con i seguaci del carroccio destinati a diventare sempre più numerosi anche a latitudini prima impensabili.

Preso atto che proprio i pentastellati avrebbero dovuto indirizzare meglio il consenso del 2013 (elezione al Quirinale compreso) riguardo Salvini, invece, ribadita la mia assoluta contrarietà alle sue politiche (?), non posso che constatare che la sua “popolarità” cresce, oltre ogni ragionevole previsione.

In un contesto così delineato, servirebbe, come il pane, uno Tsipras ed un movimento (tipo Syriza o Podemos), o magari anche due alternativi (per non scontentare ideologicamente nessuno) che sappiano contrapporsi su temi e contenuti.

Dubito che questo accadrà; in tempi di Partito della Nazione, dove non ha più senso persino parlare di destra e sinistra, non resta pertanto che sperare che la crisi attenui la sua morsa.

E pazienza se ciò dovesse avvenire non per meriti propri, ma per un generale miglioramento, a livello internazionale, che appare fisiologico e propizio per evitare scenari ancora più foschi.

Qui, in fondo, si sta bene così; della serie: e vissero tutti felici e (s) contenti…