EL TIBURON – FAVOLA (IN)FINITA


La sconfitta nell’ultima gara di Campionato, in quel di Napoli, condanna il Crotone alla retrocessione aritmetica in serie B.

Termina, almeno momentaneamente, dopo tre stagioni calcistiche esaltanti, iniziate con la leggendaria promozione in serie A e passate, poi, per la miracolosa salvezza della stagione scorsa, una delle favole calcistiche più coinvolgenti della recente storia sportiva nazionale.

Una favola a tinte rossoblu in un angolo periferico di Calabria, andata ben oltre l’aspetto tecnico, consumatasi anche fuori dal rettangolo di gioco, dagli indubbi risvolti sociali ed economici, dalle ripercussioni di rivalsa finanche esistenziali, dal sapore di rivincita e di riscatto di un popolo e di una terra, quella crotonese, salita finalmente alla ribalta delle cronache sportive come ai tempi di Milone e della Magna Grecia.

Guardando al campo, alla vigilia della sfida, da dentro o fuori, al San Paolo, l’impresa di riuscire a strappare i tre punti agli uomini di Sarri era oggettivamente etichettabile come una sfida ai limiti del proibitivo.

Miracolo doveva essere, miracolo non è stato.

Al contrario di quanto avvenuto nella scorsa stagione, infatti, quando l’ultima giornata era coincisa con il lieto fine per le sorti dei ragazzi rossoblu, di fronte alla corazzata partenopea, neanche la paventata differenza di motivazioni è riuscita a valere tre punti che, alla fine, si sarebbero rivelati comunque vani stante la contemporanea vittoria delle dirette concorrenti della compagine pitagorica.

Mentre il day after in città coincide con un comprensibile stato d’animo collettivo intriso di delusione mista a rimpianto, mentre si analizzano le occasioni buttate al vento (Spal, Genoa, Cagliari, Torino, Udinese in casa, Benevento e Chievo fuori) nel corso del torneo, il rammarico per il mancato raggiungimento dell’obiettivo fa il paio con le straordinarie sensazioni vissute nelle due stagioni trascorse nel “calcio dei grandi”.

Trattasi di emozioni uniche, da preservare nella memoria di ciascuno, da raccontare alle future generazioni, da archiviare negli annali del calcio nazionale, da incastonare indubbiamente nella storia calcistica calabrese e non solo.

Di quanto vissuto in un’esperienza comunque cavalcante va quindi preso il giusto senso di quella che è una sconfitta sportiva, ma che non può in alcun modo essere ritenuta una disfatta. Anzi.

Quando il Crotone si è affacciato alla massima serie, per uomini e mezzi, oltre che per rosa ed esperienza nella categoria, era considerata, da tutti gli addetti ai lavori, una cenerentola con ben poche chance di permanenza in un parterre che non permette illusioni ad un calcio di provincia che fa il debutto nel proscenio più  prestigioso.

Contravvenendo ad ogni pronostico della vigilia, invece, il Crotone in serie A la figura l’ha fatta ed anche più che dignitosa.

Se da un lato quindi, la differenza fra la retrocessione di questa stagione e la salvezza di quella scorsa rappresentano un dettaglio di non poco conto sul piano strettamente agonistico, una vittoria in più o in meno non può comunque inficiare il senso di un sogno divenuto realtà, per il quale vale la pena ringraziare ciascun protagonista che ha reso possibile il connotarsi di un momento prolungatosi oltre ogni più auspicabile attesa.

Vanno pertanto ringraziati ed osannati tutti i calciatori che, in questi anni, hanno indossato la casacca rossoblu: quelli della splendida promozione della serie cadetta, quelli della salvezza dell’anno scorso, quelli dell’impresa sfiorata nel Campionato appena archiviato.

A ciascuno di loro va dato merito dell’impegno profuso, dell’essersi speso fino all’ultimo goccia di sudore, dell’averci provato ben oltre quelle differenze che, sulla carta, erano evidenti e pressoché insormontabili, dell’essersi battuto fino allo strenuo per la maglia e per i tifosi.

Va ringraziata una società che è da prendere a modello per chi vuole fare calcio a certi livelli, vanno ringraziati i componenti dello staff medico, i massaggiatori, i magazzinieri, tutti gli uomini che hanno lavorato dietro le quinte ed in ultimo, ma non per importanza, lo staff tecnico, in primis gli allenatori, mister Nicola e mister Zenga, che questa realtà l’hanno plasmata, per certi versi in maniera insperata, e fatta assaporare a tutti quelli che allo Scida hanno vissuto momenti epici e comunque indescrivibili.

Vanno infine elogiati i tifosi crotonesi, calorosi ed esemplari, capaci di sostenere sempre e comunque, di contestare anche quando era necessario far da sprone, di stringersi sempre intorno ai propri beniamini, di far da contorno ad uno stadio che nessuna immagine potrà sino in fondo raccontare.

Il responso del campo, per qualcuno, ma non per tutti, “l’unica cosa che conta”, dice che bisogna ora ritornare a giocare di sabato ed in stadi certo meno prestigiosi rispetto allo Juventus Stadium, all’Olimpico o a San Siro.

Se tuttavia trascendere dal risultato sportivo può voler dire cogliere realmente il significato più splendido di questa parentesi in serie A, vero è anche che a tutti i componenti di questo Crotone vanno idealmente consegnate le onorificenze che nell’antichità, da queste parti, venivano attribuite agli atleti più forti e valenti.

Rituffarsi nella nuova realtà ripartendo da quanto di buono fatto è quindi l’unico modo per rimettersi alle spalle un verdetto che lascia sì l’amaro in bocca, ma che non oscura affatto alcuna delle pagine, talvolta immense, di cui questa leggenda sportiva si è alimentata nel tempo.

Perché in attesa di capire se si tratti di un addio o di un arrivederci, la favola sembra si sia conclusa, ma in realtà resterà per sempre infinita…