IL GIOCO NON VALE LA CANDELA

La recentissima sentenza del Tribunale di Ivrea che ha posto in stretta connessione l’uso scorretto del cellulare ed il cancro, oltre ad ergersi ad insospettabile riferimento giurisprudenziale, impone una serie di riflessioni tese a ripercuotersi inevitabilmente sul nostro quotidiano rapporto con lo smartphone.

Trattasi di considerazioni che più che sul piano scientifico e/o giuridico, ambiti nei quali interpretazioni prevalenti possono mutare ed evolversi nel tempo, devono muoversi proprio nell’analizzare la morbosa interazione che ciascuno di noi, nessuno escluso, ha con il proprio telefonino.

In tale direzione, la parola d’ordine che emerge, a margine della pronuncia dei giudici piemontesi, è precauzione, intesa come possibilità di mettere in discussione l’uso, attuale, che si fa dell’apparecchio telefonico e di prevenire quindi eventuali rischi.

Primo passo è quello di analizzarsi, mettersi nel caso in discussione e cambiare, più o meno profondamente, talune abitudini.

Se è infatti risaputo che il telefonino condiziona le relazioni interpersonali, limitandole e talvolta annullandole, altrettanto vero è che il rapporto tecnologia- uomo non può non essere analizzato, anche e soprattutto, in base ai possibili effetti che l’apparecchio potrebbe avere sul nostro fisico.

In tale direzione, alcuni accorgimenti possono, non solo far diminuire la nostra dipendenza dalla “belva” che ci assale a colpi di “touch screen”, ma anche sollevarci da rischi, reali e potenziali, che hanno a che fare con salute e benessere.

Così ad esempio, evitare il contatto quasi diretto con il nostro corpo, tenendo il cellulare nella borsa piuttosto che nelle tasche, può essere rimedio benefico e neanche troppo dispendioso.

Così come lo può essere altrettanto, non stare al telefono prima di addormentarsi, preferendo le pagine rilassanti di un buon libro o ancora svegliarsi e non preferire lo schermo allo splendido spettacolo della natura che ci attende, fuori dalla finestra, al nostro risveglio.

Lasciare il telefonino fuori dalla nostra camera da letto nel corso della notte, farsi risvegliare dal suono della dimenticata sveglia piuttosto che dalla solita suoneria del cellulare è altro modo per ripararsi da un “magnetismo” non proprio benefico che disturba evidentemente il nostro sonno.

Altre precauzioni potrebbero riguardare gesti più immediati e veloci, quali quelli di staccare la linea dati quando si è a lavoro, di evitare il contatto con il cellulare quando si è a tavola o ancora di chiamare velocemente una persona quando gli si deve dire qualcosa di fugace e la voce è decisamente più funzionale di una chat stancante e logorante.

In ultimo per esposizione, ma primo per importanza, è l’accorgimento connesso all’assoluto divieto di utilizzare il cellulare quando si è alla guida che, al pari di quello di utilizzare il bluethoot o l’auricolare, può ritenersi “correttivo” prezioso per quanto scontatamente vitale.

Naturalmente, i citati accorgimenti, etichettabili come consigli e da tramutarsi in comportamenti ed azioni sono tutt’altro che facili da digerire.

In un’epoca in cui lo smartphone è praticamente un prolungamento del nostro corpo, il compito che ci attende è difficile da portare a termine.

Poiché tuttavia l’obiettivo non è impossibile da raggiungere, piccoli miglioramenti possono ritenersi gradatamente significativi.

Non c’è, né vi può essere, altra strada per recuperare un giusto rapporto con un mezzo, comunque prezioso, che non può in alcun modo condizionare, per quanto lo stia già facendo, la nostra esistenza.

Né quella di tutti i giorni, né quella, potenziale, che riguarda aspetti interiori la cui salvaguardia va ben oltre ogni lecito rischio.

Il gioco, infatti, non vale la candela….