CALABRIA DA ESPORTARE

Il primo “Ruggito” del 2017 delinea un orizzonte ottimistico, speranzoso e quindi in linea con i nuovi propositi che ogni inizio di anno si porta con sé.

L’augurio, audace per quanto ambizioso, ha i tratti, inaspettatamente comuni, del New York Times, una delle “bibbie” del giornalismo internazionale e della Calabria, regione fra le più povere d’Europa (se non la più povera) inserita, nella sezione Travel dell’edizione web del tabloid statunitense, tra i 52 posti (per lo più insoliti) da visitare nel 2017.

Se, da un lato, la posizione n.37 non coglie di sorpresa chi già apprezza virtù e pregi della nostra regione, il riconoscimento ottenuto è una delle ultime carte da giocarsi nell’ottica di una valorizzazione obbligata per quanto vitale.

Dopo decenni di dibattiti, dopo fiumi di risorse finanziarie investite in direzioni evidentemente non del tutto produttive, dopo periodi in cui maestose dichiarazioni di intenti si sono scontrate con realtà anguste e mal concilianti con vere ipotesi di sviluppo, sarà forse giunto il momento di consegnare alla Calabria il posto che la Calabria merita?

La risposta non può che essere affermativa; in tal senso, quanto “certificato” dal NYT rappresenta il “pedigree” dal quale muoversi per implementare l’idea di una Calabria nuova, meta turistica unica ed attrattiva in forza di paesaggi e risorse naturali esclusive ed intriganti.

Archiviare la stagione delle contraddizioni per aprire quella delle chance è pertanto la sfida che attende la regione in un anno in cui il viatico sembra essere dei migliori e più prestigiosi.

Percorrere la strada verso la gloria sarà certamente difficile, non basta infatti un riconoscimento per cancellare con un colpo di spugna asperità e criticità ataviche, ma vale la pena provarci. Adesso o mai più. Il destino prossimo di questa terra reclama a gran voce una svolta; questa potrebbe essere un’ottima base di partenza dalla quale prepararsi a spiccare il volo.

Già avvicinarsi allo sviluppo turistico di regioni vicine, Puglia e Basilicata ad esempio, sarebbe in tal senso approdo da sottoscrivere con convinzione e speranza.

Gli ingredienti ci sono tutti: la Calabria di oggi possiede già le carte in regola per reggere il gioco, competere su un mercato che è indubbiamente globale e travalicare confini finora inesplorati.

Se quindi per il New York Times la terra calabra è nelle condizioni di farsi un nome all’interno dei circuiti turistici che contano (e lo è realmente), è giunto il momento di concretizzare questa opportunità per una molteplicità di ragioni.

La prima delle quali è che una fonte così prestigiosa difficilmente sbaglia.

La seconda poggia sul fondamento dell’annuale classifica stilata dal giornale americano: i luoghi proposti sono spesso sottovalutati, ma in generale beneficiano, nell’anno di riferimento, di un aumento del turismo, non si sa quanto per previsione azzeccata e quanto per l’effetto promozione della stessa classifica.

In ultimo, la ragione più sostanziale è che la Calabria ha davvero, ed è bene ribadirlo, al suo interno, gli elementi per diventare rotta turistica sempre più attrattiva.

Il NYT ne cita alcuni: “peperoncino, bergamotto, grande tradizione enogastronomica e soprattutto l’essere fuori da rotte troppo affollate”.

Nello specifico, il quotidiano statunitense dedica attenzione alla ristorazione ed all’accoglienza e consacra la regione come luogo d’Italia dove, “al di fuori dai classici circuiti del turismo internazionale come Firenze o Roma, si possono trovare alcune delle pietanze più interessanti”.

Se orgoglio ulteriore ispirano le “insegne” calabresi portate alla ribalta dal NYT per quel che concerne il settore enogastronomico (il ristorante Abbruzzino di Catanzaro, il Dattilo di Strongoli e il Ruris di Isola Capo Rizzuto) in quanto due di esse emergono in una provincia alquanto bistrattata come quella crotonese, altrettanto piacere suscitano le altre peculiarità sottolineate dalla classifica americana.

Eccellenze agroalimentari e vere e proprie unicità calabresi, quali il bergamotto e il peperoncino appunto, che assumono ancora più valore in quanto inserite in un contesto nel quale “l’importanza crescente dell’agricoltura biologica rappresenta una delle colonne portanti del settore primario regionale e del vino, prodotto da alcuni anni a questa parte grazie alla scoperta e alla valorizzazione di vitigni autoctoni come il magliocco, il mantonico bianco, il gaglioppo e il greco”.

Partire da un modello agroalimentare originale e distintivo è quindi l’imbocco da intraprendere senza tentennamenti per svelare il vero volto della Calabria.

Trattasi di quel volto che, oltre alle eccellenze esaltate dal NYT, è anche olio pregiatissimo e di rara qualità, vini che profumano di nettare (anche le etichette meno conosciute), è cipolla di Tropea, è nduja, è una moltitudine di prodotti di nicchia di piccoli produttori ed allevatori, ma è anche una regione morfologicamente inimitabile, dalle sembianze ostinatamente affascinanti e quasi sempre incontaminate.

Quella stessa Calabria che è coste infinite, spiagge inviolate ed acque cristalline, luoghi di mare di valore assoluto (Tropea, Diamante, Le Castella, Pizzo, Roccella Jonica, Soverato e Caminia per citarne alcune) ed ancora paesaggi montani degni dei palcoscenici più prestigiosi, che è Sila e Pollino, Aspromonte e Magna Grecia, Reggio Calabria e Sibaritide.

Quella regione che il NYT ha avuto il merito di riscoprire e “tirare fuori dal cassetto”, riesumare dal torpore in cui decenni di alterne vicissitudini l’hanno collocata, ma che luogo da scoprire lo è sempre stato non fosse altro che per l’aurea magica che le sue meraviglie sono in grado di regalare.

Una destinazione da visitare ed assaporare, un vero marchio da esportare…