LE LISTE – SI SCENDE IN CAMPO

Dopo giorni di discussioni, di incontri (pubblici e non), di inciuci (velati e manifesti), di manovre (più o meno comprensibili), di veti e di strategie (gaudenti e non), la prima fase della campagna elettorale, in vista delle elezioni comunali del 10 giugno prossimo, in quel di Savelli, si conclude con la presentazione ufficiale delle liste.

Archiviata la frenesia di quella che, mutuando dal gergo calcistico, si può definire come una campagna acquisti a dir poco intensa e pirotecnica, le due compagini che si candidano alla guida del paese, dopo aver serrato le fila, sono dunque pronte a scendere in campo.

Come preventivabile alla vigilia, sono due le compagini che si contenderanno la leadership amministrativa: la lista “Savelli nel cuore” guidata dal Sindaco uscente, Franco Spina, e la lista “L’alveare – Savelli al lavoro” capeggiata dal Dottor Domenico Frontera.

Sono invece venti i candidati alla carica di consigliere comunale; discreta la rappresentanza femminile (otto candidate fra le due liste) e ben presente la schiera di “debuttanti”, giovani e non, che si affacciano per la prima volta, da protagonisti, alla competizione elettorale locale.

Questa prima fase preliminare si chiude con le premesse di una sfida che si preannuncia equilibrata, comunque affascinante, in virtù di squadre che appaiono ben attrezzate per sostenere la disputa.

Tralasciati, ora, i rumors tipici della fase di composizione degli schieramenti, l’attenzione si sposta inevitabilmente su programmi e dichiarazioni di intenti dei candidati a primo cittadino e delle rispettive “formazioni”.

Si tratta del frangente in cui  “dar fiato” alle proprie idee coincide con la proposizione di una seria, concreta e fattibile ipotesi di sviluppo per concepire la “Savelli che verrà”, il cui destino è innegabilmente legato a quella che si può considerare una imperdibile opportunità da cogliere e da affrontare con la verve propositiva che l’appuntamento richiede.

La Savelli del futuro dovrà anzitutto essere una Savelli nel futuro, il che fa indiscutibilmente rima con “gioventù”, una parola quasi azzardata ed utopica in un paese martoriato da decenni di spopolante emigrazione, ma che rappresenta obiettivo audace, sfida massima alla quale tendere l’aspirazione suprema del “fare amministrativo”.

Anche solo appostare in bilancio la parola “gioventù”, prevedere un fondo da destinare alla creazione di opportunità per i più giovani, sono quindi leve che si deve forzosamente provare ad azionare in tale direzione.

Consapevoli del fatto che il Comune non è entità che recluta direttamente personale e forza lavoro, se non nei limiti del previsto turnover, un’amministrazione che sfida la sorte, sul terreno della creazione di condizioni favorevoli per evitare l’emigrazione dei suoi figli, è un’amministrazione coraggiosa che vale la pena di essere immaginata e persino desiderata. Tentare si può, anche se non è facile.

Per qualsiasi programmazione in cantiere poi, nulla è precluso purché “la Savelli che sarà” saprà essere un paesino moderno, al passo con i tempi, in cui trasparenza e legalità siano valori fondamentali sul terreno di una cultura diffusa con rispetto di norme e regole quale vera e propria “ragione di vita”.

Concepire il savellese esclusivamente come “cittadino” e non soltanto come “elettore” è il primo obiettivo da raggiungere nell’ottica di un paese e di un Comune che si muovono su imprescindibili binari di legalità e trasparenza. Tali concetti, solo apparentemente banali, sono a fondamento di qualsiasi altra scelta di fondo.

Rientrano, inoltre, alla voce “virtuose pratiche di efficienza”, la garanzia di pari opportunità per tutti, la piena informatizzazione della macchina comunale, l’approdo del Comune sui social network (facebook e twitter ad esempio), l’interazione continua con gli utenti, la predisposizione di un servizio streaming per le sedute di Consiglio Comunale, l’istituzionalizzazione di forme di partecipazione diretta quali bilancio partecipativo, Consulta degli Emigrati e Consulta delle Associazioni, la previsione di un “Ufficio Comunale per la Trasparenza”.

Tutto ciò rischia di essere la classica “aria fritta”, capace solo di riempire libri di sogni irrealizzabili, se il paese non rigenera il rapporto con il proprio territorio e con l’ambiente che lo circonda.

Considerazione di partenza, in tal senso, è che un paese che non sa preservare il proprio territorio non può essere in grado di mostrare il suo volto migliore; al pari, una comunità che non sa creare una diffusa cultura dell’ambiente e dell’ecologia non potrà mai immaginare di poter garantire un domani ai propri figli.

Efficientamento energetico, differenziata a percentuali sempre più elevate, implementazione del cosiddetto “modello Saracena” (se ne parlava già cinque anni fa), sfruttamento a fini produttivi di risorse naturali uniche (penso al castagneto comunale ed all’immenso patrimonio forestale) le altre strade da perseguire per le evidenti ricadute occupazionali, economiche e sociali che potrebbero recare.

Ripartire dal territorio per rilanciare il territorio quindi.

Preservando, ad esempio, il paese con un piano di protezione civile moderno che rimedi ad un’intrinseca  debolezza morfologica, che contrasti, d’estate, il rischio incendi e, di inverno, i disagi di neve e di intemperie atmosferiche.

Ma anche razionalizzando un patrimonio forestale e boschivo unico, per farlo divenire concreta risorsa su cui investire piuttosto che “posta di bilancio” talvolta finanche poco attendibile.

Riaffermando, inoltre, la centralità dell’acqua, risorsa naturale da valorizzare, il concetto di “acqua pubblica”, per poi monitorare la rete idrica comunale, individuare eventuali punti di criticità (guasti, sprechi, allacci abusivi e quant’altro), valutare forme di finanziamento per un rifacimento delle condotte pubbliche e prevedere, infine, una possibilità di remunerazione dell’acqua prodotta, con la eventuale prospettiva di royalties, eventualmente negoziabili con Sorical, oltre che forme di approvvigionamento alternative e  individuazione di possibili invasi.

La Savelli del futuro dovrà essere in ultimo, ma non certo per importanza, “turismo e tradizione” che, al contrario, sono settori da incentivare in via primaria perché ad alta redditività e bassi costi specie se le “idee sono quelle giuste”.

Rientrano in questo contenitore, ovviamente, decine di potenziali ipotesi progettuali che per motivi di sintesi non sono qui esplicitabili a fondo.

Sicuramente “turismo” vorrà dire incentivazione delle attività del Parco Astronomico “Lilio”, fare di Villaggio Pino Grande “quel che poteva essere, potrebbe essere, ma non è mai stato”, concepire il nostrano complesso turistico come un “condominio  diffuso”, assicurare al suo interno un sistema di servizi nonché forme di gestione che ne valorizzino attrattive, da sempre, solo parzialmente sfruttate.

Ma turismo significa anche innovazione, aprirsi ai “modelli” più attuali in un settore sempre in continua evoluzione, provare ad implementare nuove ipotesi, ingegnarsi senza bisogno di reperire ingenti risorse finanziarie per poterle attuare.

Ipotesi progettuali connesse allo “slow tourism” (turismo lento), ad esempio, per le quali il nostro territorio risulta pressoché congeniale, a percorsi di mountain bike, ad un turismo sentieristico da incentivare perché solo accennato, ad un “sistema” attrezzato per camper e per appassionati di orienteering (solo per citarne alcuni).

Turismo significa in ultimo, recupero delle tradizioni, a partire da un centro storico da recuperare e da trasformare in “albergo diffuso” per contrastare l’atavico deficit di ricettività, per finire alla creazione di marchi legati allo storico evento della “Sagra della Castagna”, iniziativa di marketing territoriale più che sagra di paese, o ancora, previsione di altre iniziative, culturali e ricreative, che, in un mix di territorio e di identità, arricchiscano i cosiddetti “periodi morti” o anche l’agosto savellese.

Tradotto in soldoni, insomma da qualsivoglia prospettiva la si voglia analizzare, di “carne a cuocere” ce n’è ed anche a iosa, così come parimenti, infinite, sono le possibilità di sbizzarrirsi con i possibili processi da attivare e mettere in moto.

A tutti i soggetti che scendono in campo, molti dei quali cari amici e/o parenti, riconosciuto il merito di “averci voluto mettere la faccia” in un tempo in cui alla politica viene attribuita una accezione negativa che stride con il nobile significato che riveste fin dal mondo antico, il compito di affrontare la sfida.

Sarà dura, ma hanno tutti i mezzi per potercela fare.

Al di là di chi vinca o chi perda, Savelli lo merita…