ADDIO GIUSEPPE

La commozione ed il cordoglio di una comunità intera che si stringe intorno ad un proprio figlio per porgergli un abbraccio intriso di dolore e sgomento.

L’ultimo saluto a Giuseppe Chiarello, giovane di origine savellese, inaspettatamente scomparso all’età di 41 anni in quel di Asti, dov’era nato, cresciuto e diventato imprenditore conosciuto ed apprezzato da tutti, è stato sicuramente momento fra i più strazianti della recente storia paesana.

Se di fronte alla morte non esistono spiegazioni se non quelle che si rifugiano in una fede comprensibilmente traballante al cospetto di certi accadimenti, l’eredità che ci lascia Giuseppe Chiarello è di quelle da custodire gelosamente, da tramandare attraverso il vissuto della sua famiglia, degli amici, di tutti coloro che hanno avuto modo di incontrarlo e conoscerlo.

La partecipazione, emotivamente coinvolgente, che ha unito Asti a Savelli, la moltitudine di persone che hanno reso omaggio a Giuseppe ed ai suoi familiari, fin da un tragico e drammatico 8 marzo che nessuno potrà mai più dimenticare, in Piemonte come in Calabria, dimostra inconfutabilmente che la dipartita di una persona non può in alcun modo scalfire quanto di buono egli ha fatto nel corso della propria esistenza terrena.

Accade così che dinnanzi ad una perdita, prematura ed improvvisa, quale quella di Giuseppe, attingere a ciò che la persona è stato in grado di seminare lungo il proprio cammino, resta, inevitabilmente, l’unica strada da percorrere per racchiudere il senso di un epilogo che non si presta a consolazione alcuna, per esorcizzare un destino, crudele e beffardo, che ha il sapore acre della precarietà e dello sconforto.

Percorrendo questa strada, che affonda evidentemente nella malinconia e nel ricordo, Giuseppe ha il volto splendido e pulito di una storia sì spezzata, troppo presto e troppo in fretta, ma comunque intensa, ricca di significato, foriera di emozioni, straripante di riflessioni e degna perciò di essere preservata.

È una storia che ha il volto di un ragazzo sempre sorridente, educato e rispettoso, mai sopra le righe, allegro e disponibile.

È la storia di una persona che ha fatto della condivisione ragione di vita e del conforto al prossimo virtù suprema.

È la faccia pulita di una pagina di emigrazione dalle radici profonde, è la continuità di una vita condotta a pane e “valori”, è il senso di un’eredità familiare che profuma di appartenenza e di autorevole rappresentatività, è l’essenza di una socievolezza che sfiora l’inverosimile.

È una storia colorata di giallo e di rosso, di una passione che va oltre una palla che rotola, è un “loro non possono capire” più di “un vincere è l’unica cosa che conta”, è un possedere la genuinità di un bambino e trasportarla, candidamente, nel mondo degli adulti per crederci “sempre e comunque”.

È la storia di un ragazzo come noi, cresciuto fra noi, e del quale a ciascuno di noi resterà la benefica sensazione di averlo conosciuto, di averlo frequentato, di averci condiviso momenti, di averci chiacchierato davanti ad un bicchiere, di averci discusso di Roma o di politica, di averci avuto comunque a che fare.

Una storia dai contorni solidi e dal sapore intenso che neanche questa straziante parentesi di commiato, seppur tremendamente triste, potrà cancellare.