IO SONO DELLA ROMA!!!

Se qualcuno, un giorno, dovesse chiederti perché tifi la Roma, armati di pazienza e cerca di spiegarglielo.

Potresti dirgli che “lui non può capire” e riprendere, così quanto detto da un angelo, di recente volato in cielo, al quale ciascuno di noi ha rivolto un pensiero in una serata a dir poco indimenticabile.

Puoi raccontargli che non si può razionalmente spiegare il senso di una fede “che te fa senti importante anche se nun conti niente”, “ che te fa senti amici anche se nun ce conosciamo”, “che te fa campa’ sta vita così piena di problemi”.

Se proprio vuoi, puoi poi far “parlare” una tiepida serata di primavera, uno stadio colorato di giallo e di rosso, undici gladiatori che Roma chiamò, il sapore di un’impresa autentica, la magia di una sensazione unica.

E se non dovesse ancora capire, puoi raccontargli di un cigno che trasforma in speranza una flebile fiammella, di una vena che si ingrossa e rida fiato al suo popolo, di un greco che diventa colosso, mostra orgoglioso il petto e poi si scioglie in un pianto che è il pianto di noi tutti sulle note di “Grazie Roma”.

Puoi ancora dirgli di centottanta minuti giocati alla pari dei più forti, di Davide che batte Golia, di una voglia matta di ribaltarla che va oltre i torti subiti, di un pubblico che riempie uno stadio e ci crede quando nessuno ci crede, di un allenatore che gliela incarta, di un Re che esce a testa china mentre a trionfare sono i colori dell’Impero.

Potresti, sempre che tu ci riesca, raccontargli la tua partita, l’abbraccio in Curva, la trepidazione davanti alla tv, i social che impazzano, uno spogliatoio troppo piccolo per contenere la gioia, uno stadio che esplode e canta a perdifiato, il cuore in gola, la sensazione di non potercela fare ed il sogno di avercela fatta.

Puoi raccontare dei “soliti” messaggi whatsapp scambiati con tuo fratello, degli incitamenti che ti fanno sentire vicini anche quando siete lontani, puoi dirgli che lui ci crede e tu no, potresti accennargli delle disquisizioni tecniche e delle reciproche imprecazioni.

Puoi dirgli di un mister pazzo che contro tutto e tutti dimostra personalità autentica, di una squadra che corre all’impazzata, di un portiere che è un ghiacciaio, del “bello de nonna” che corre finalmente come un matto lungo la fascia, di un comandante capace di guidare la truppa, di un Jesus che vive la sua Pasqua, di un serbo dolce il cui sguardo incute timore.

Potresti sempre dirgli di quel greco, sempre lui, che diventa colonna insuperabile, di un Capitano che guida da condottiero le sue legioni, di una lavatrice olandese che riprende a girare, di un Ninja che usa la spada e regala forti emozioni, di un ragazzo che si farà e concede sprazzi di classe cristallina, di un monumentale gigante bosniaco che ti prende sulle spalle e ti porta laddove non avresti mai immaginato si potesse arrivare.

Puoi dirgli di un faraone che si iscrive alla festa, di un turco che regala il cioccolatino più bello e che come tutti noi stenta a crederci, di una panchina che si abbraccia come al termine delle imprese più epiche, di strade cittadine invase da una goduria straripante, di un Presidente che si tuffa nella fontana, di un Capitano che ti spiega “che sono notti come queste a farti capire quanto è bello vincere con questi colori”.

Ed ancora puoi raccontargli la trepidazione degli ultimi minuti, il timore di una beffa tipo Lecce, Samp o Slavia, il cronometro che scorre lento quasi a fermarsi, l’incedere di un battito, affannoso e splendidamente comune, che si traduce in un “cuore che batte nel cuore di Roma”.

E poi, puoi raccontargli dell’urlo più forte che scuote la casa di Franco, il tuo collega, al quale hai smontato il divano perché è come se la stessi giocando anche tu, la chiamata, stavolta infinitamente liberatoria, al fratello, lo scambio di opinioni con Rubens e Franco, amici granata, lo squillo ad Attilio, quello con cui ridevi istericamente nel corso della disfatta all’Old Trafford e che oggi, come te, piange di gioia.

Puoi dirgli di un qualcosa di autentico che ti riconcilia con questo sport maledettamente bello, di tanti Peter Pan che soffrono e cantano sospinti da “un cuore grosso, mezzo giallo e mezzo rosso”, di uomini e donne che si riscoprono di colpo bambini, di una notte adrenalinica, di un risveglio dolce e sereno tipico della festa, di un momento che sembra un delirio e che invece è solo realtà.

E se lui dovesse continuare a non capire, se dovesse ribattere che “ancora non hai vinto niente”, non disperare.

Prova a sussurragli, anche se ciò dovesse rivelarsi vano, che tu hai già vinto, perché “sei della Roma”….